Il paradosso (solo apparente) del libro come leva strategica per il personal branding

Secondo gli ultimi dati AIE (Associazione Italiana Editori), in Italia si legge sempre meno: nel 2024 il numero dei lettori abituali è calato di un ulteriore 3%, con un preoccupante disimpegno da parte delle fasce adulte sotto i 45 anni. Una notizia che, all’apparenza, sembra scoraggiante soprattutto per chi – professionista, imprenditore o creativo – sta valutando l’idea di scrivere un libro per raccontare la propria storia, i propri valori o la propria competenza.
E allora la domanda sorge spontanea (e provocatoria): che senso ha scrivere un libro oggi, se nessuno legge più?

La lentezza è sovversiva

In un’epoca dominata da contenuti effimeri e velocissimi – stories da 24 ore, video da 15 secondi, post che non possono contenere più di tot. caratteri e newsletter che si perdono nel flusso incessante di informazioni da cui siamo quotidianamente travolti – il libro rappresenta un’anomalia preziosa perché impone la lentezza: approcciare a un testo complesso richiede pazienza e attenzione e perciò leggere un libro stimola una riflessione profonda che inaugura una relazione entro la quale il lettore può cambiare, ri-definirsi, ri-scoprirsi nel tempo. Proprio per questo, ha un impatto comunicativo duraturo. Chi pubblica un libro oggi lo sa, perché non cerca solo lettori: sta costruendo una posizione in uno scenario preciso, nella vita delle persone; sta dicendo al mondo “Ecco cosa penso. Ecco chi sono. Ecco cosa rappresento e cosa porto con me”, e lo fa argomentando con cura e con autenticità, gli ingredienti di base che rendono il racconto di ogni storia una narrazione di successo.

Un attestato di autorevolezza

In ottica di personal branding, pubblicare un libro è molto più di un’operazione editoriale:
è un atto di posizionamento strategico. Raccontare di sé e delle proprie idee ed esperienze in un saggio, una biografia, permette di dare profondità al proprio Io professionale. Scrivere, di per sé, significa chiarire a sé stessi la propria visione, e comunicarla agli altri con coerenza. Ecco allora che un libro pubblicato diventa una “carta d’identità” narrativa, che distingue in modo netto chi ha qualcosa da condividere per generare valore – a beneficio di una vera comunità di lettori interessati – da chi ha solo qualcosa da postare per intrattenere gli users delle piattaforme, a beneficio di logiche che riguardano più gli algoritmi e la quantità di dati anziché le persone e la qualità delle informazioni. In un mondo in cui tutti hanno un profilo LinkedIn e gli strumenti digitali per creare e condividere contenuti e possono raccontarsi attraverso modalità immediatamente coinvolgenti, pochi hanno un libro pubblicato. Questo fa la differenza in termini di credibilità.

Il libro come leva di networking intelligente

La dimensione relazionale è fondamentale: chi utilizza i social per autopromuoversi lo sa. Anche grazie all’interesse della community per i suoi post, l’autore può trovare spazio e apprezzamento al di fuori della dimensione digitale; tuttavia, un libro pubblicato moltiplica le connessioni in modo diverso:

  • Essere autore di un volume attira l’interesse di diverse persone, anche quelle che non sono legate a specifiche community o che non interagiscono spesso sul web, dunque permette e facilita gli inviti a eventi, conferenze e altre iniziative dal vivo, aumentando la quantità e anche la qualità delle occasioni di networking – che diventa sempre più aperto.
  • È un potente biglietto da visita che arriva in mano alle persone giuste. Tutto, del libro, racconta del suo autore: non solo com’è scritto, ma anche la cura dell’aspetto visivo e i dettagli grafici fanno la differenza e sono in grado di “presentare” l’autore in anticipo.
  • Offre ai lettori (e potenziali collaboratori o clienti) un pretesto per conoscere l’autore in modo autentico, inaugurando una serie di interazioni che non avvengono solo per la “logica dei likes”. Quanti commenti lasciati a contenuti digital in realtà non sono autentici, perché fanno da vetrina solo a chi commenta (magari utilizzando anche l’IA…), anziché concentrarsi sul senso del post? L’apprezzamento per un libro va oltre, si comunica in modalità diverse e porta a diversi risultati.

    Quindi… ha ancora senso scrivere un libro?

Sì, oggi più che mai.
Nonostante il calo dei lettori, il libro è ancora un medium di profondità, un simbolo di credibilità e un moltiplicatore di impatto.  Non serve a “fare numeri”, ma a costruire relazioni, identità e valore duraturo, online e offline.

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